venerdì 19 ottobre 2007

Questioni di "famigghia"



I fatti: la Procura di Palermo ha chiesto otto anni di reclusione nei confronti di Salvatore Cuffaro, attuale Presidente della Regione Sicilia, per aver rivelato notizie delicate e favoreggiamento. L'accusa ritiene di aver dimostrato che Cuffaro rivelò notizie riservate ad esponenti mafiosi. In sostanza il buon Totò ha avvertito alcuni "picciotti" di essere indagati e spiati dalle Forze dell'ordine, permettendo così a questi personaggi di eliminare le cimici che erano state installate nei loro appartamenti. In questo modo sono stati vanificati di fatto anni di indagini. Inoltre il Signor Cuffaro è stato trovato in possesso di oltre 150 sim di utenze cellulari. Il Presidente sostiene che le usava per svolgere attività politica, la Procura invece sospetta che fossero usate per comunicare con mafiosi.
Come tutti voi già saprete Silvio Berlusconi e Pier Ferdinando Casini, come già in passato, si sono subito affrettati a dichiarare piena solidarietà a Cuffaro escludendo, ogni possibile suo coinvolgimento nella faccenda.
D'altra parte il resto del mondo politico in merito alla vicenda si è chiuso in un assordante silenzio.

Ora noi ci chiediamo: ma non sarebbe il caso ogni tanto di esprimere anche solidarietà ai servitori dello Stato che tutti i giorni si sacrificano rischiando la vita? Una parolina per De Magistris no, vero? E Falcone? Falcone e Borsellino vanno bene solo per le targhe commemorative?

Aiutateci a capire perché noi non ci riusciamo.

10 commenti:

Anonimo ha detto...

Non c'è nulla da capire, è tutto lampante come il sole: la politica italiana coincide con la mafia in troppe località e a livelli spesso troppo alti. Io vomito quando vedo Casini, vomito quando vedo che l'UDC (quel maledetto girone dantesco degli ipocriti) ha iscritti come Cuffareo, Cesa (ma che faccia da galera c'ha?!?), come l'ex Cirino Pomicino.
Madonna Santa! Come può questa allucinante incoerenza col simbolo del loro "partito a delinquere" non dilaniare le coscienze dei loro elettori? Come si pò accordare il consenso al diavolo? Forse che, davvero, l'italiano medio non ha più speranze per la propria vita, non gli interessa più essere salvato da alternative credibili, non ha più animo per lottare, ma vuole semplicemente essere lasciato solo e in pace mentre si estingue, facendosi bastare unicamente (per quel che ancora gli rimane da vivere) quel tozzo di pane che il suo tacito consenso ala mafia ancora gli garantisce. Perchè infatti chi è stato a votare Cuffaro giù in Sicilia? Quella stessa generazione di siciliani che "barattano la loro dignità per un pugno di riso, con buona pace per il futuro dei loro figli e nipoti" (cito da una manifestazione dell'associazione E ADESSO AMMAZZATECI TUTTI). La Borsellino poteva essere la Hillary Clinton del Mezzogiorno. Ma niente. La cavalcata trionfale di queste ipotetiche forze del bene non c'è stata. Ha prevalso l'immobilismo stagnante della codardia siciliana Codardia, certo! L'onore teorizzato dalla "morale" mafiosa infatti non è essere tutti d'un pezzo. é solo essere INFAMI CONIGLI, incapaci di concepire il rispetto per l'essere umano in una dialettica democratica. Con la tua pronta solidarietà a Cuffaro (foss'anche solamente per necessità di fare squadra e non disgragare il bacino di voti del sud), caro Pierferdinando, ti rende uguale ad un mafioso omertoso che tutto avvalla e tutto nasconde. Con te non vale il principio del beneficio del dubbio nei confronti di Cuffaro. Con te si passa direttamente alla santificazione laica della sua persona! Nella tua posizione, la risposta corretta davanti alla stampa avrebbe dovuto essere questa: "Non commento senza elementi di chiarezza, sospendo qualunque giudizio nell'attesa fiduciosa dei risultati del lavoro della magistratura per arrivare a fare piena luce su fatti che, se accertati, sarebbero gravissimi".
Niente di tutto questo.
Casini, sei il boss di una cricca di infami bastardi.

A ha detto...

SAREMO IL PAESE NUMERO 15!


www.gattocurioso.blogspot.com

Anonimo ha detto...

Caro Casini, eviti di esporre troppo i suoi picciotti ad incarichi delicati, questa volta ci è andato di mezzo Cuffaro, non vorrei che il prossimo sia propio lei....

Anonimo ha detto...

Ho scritto a roberto aiello di
http://unideadiversa.blogspot.com

Sig. Aiello
perchè sostiene un partitino come l'udc da molti soprannominato l'unione dei carcerati?
Per caso Lei è parente dell'imprenditore Aiello Michele condannato a 18 anni di carcere nel processo con cuffaro?
MA ROBA DA PAZZI!
Si VERGOGNI ROBERTO! SONO GLI ITALIANI COME LEI CHE ROVINANO L'ITALIA, PARENTE O NO, MA COME SI FA A SOSTENERE UN PARASSITA COME CASINI? ARIVERGOGNA!

Anonimo ha detto...

il famoso inciucione famigghiare camorristico-mafiuso...


A PEDATE NEL DIDIETRO presto sui vostri teleschermi!

Anonimo ha detto...

siamo a fine corsa.
legge nuova per votare e svecchiare i politici che hanno messo radici nei due rami del parlamento.

Anonimo ha detto...

il nostro pierferdy si è finalmente sposato con la figlia del mafioso-usuraio-palazzinaro-devastatore di paesaggi-mangia campagna romana-editore-controllore e manipolatore della politica : caltagirone.. !

Anonimo ha detto...

questi cattolici:
casini, mastella,
andate a visitare:
notizia interessante, anche l'espresso ce l'ha con Demente Pastella:

http://espresso.repubblica.it/dettaglio/Per-chi-suona-il-Campanile/1854747&ref=hpsp

1 novembre 2007 18.25

Anonimo ha detto...

ladri efarabutti,ladri e farabutti, ladri e farabutti .... non si vede altro nel panorama italiano.
Ogni tanto mettete piede fuori dal vostro disastrato paese e vedrete che, al confronto, si respira aria pura

Anonimo ha detto...

Italymedia.it denuncia il mancato rispetto dei tempi di apertura al pubblico

Orari selvaggi all’ufficio postale
Presso la sede di Acilia, al direttore del noto portale d’informazione Antonello De Pierro, nonché voce storica di Radio Roma, viene negato il pagamento di un bollettino, nonostante ne avesse diritto. Necessario l’intervento dei Carabinieri


Roma. Erano state in numero alquanto significativo le segnalazioni di utenti delle Poste Italiane giunte alle redazioni di Italymedia.it e di Radio Roma, che lamentavano un disservizio piuttosto eclatante presso alcuni uffici della capitale, nel rispetto dell’orario di apertura al pubblico. Iniziavamo ad effettuare dei sopralluoghi a campione in giro per la città, e nella maggior parte delle strutture riscontravamo una situazione impeccabile per la cortesia e la disponibilità usate nei confronti dell’utenza, nonostante la grande mole di lavoro gravante sugli impiegati, e in linea di massima l’assenza di particolari problemi per quanto concerne il rispetto degli obblighi temporali del servizio. Ma tra le segnalazioni campeggiava in maniera insistente l’indicazione di un ufficio in particolare, di quelli cosiddetti centrali, che prevedono, con tanto di cartello affisso all’ingresso, l’apertura al pubblico fino alle ore 19,00, cosa che, come succede in tutti gli esercizi pubblici e privati, concede possibilità di accesso fino a tale ora. Da quanto veniva segnalato, sembrava invece che tale orario fosse presente solo in forma virtuale, ma in realtà anticipato, senza una scadenza temporale certa, a seconda dell’affluenza del pubblico. A quanto pare l’ingresso degli utenti veniva di solito inibito già molti minuti prima del canonico limite fissato alle ore 19,00, in quanto sembra che i poveri impiegati avessero invece a tale ora impellente e inappellabile necessità di chiudere i battenti degli sportelli, senza alcuna possibilità di deroga. Inevitabilmente nella nostra mente si accendeva la spia dell’analisi riflessiva, e il nostro pensiero correva immantinente, come del resto conseguenza logica della nostra linea editoriale, alle cellule più deboli della collettività e al loro disagio derivante dalla sconcertante presunta situazione. Come giannizzeri della giustizia, volti a dare voce a quanti spesso vengono soffocati nella loro naturale espressione dei diritti, immaginando per l’occasione la figura emblematica di un’anziana signora, sola e malata, nonché affaticata sotto il peso inesorabile degli anni, sottoporsi ad un già ingente carico di stress per raggiungere l’ufficio in questione e trovarsi di fronte all’opposizione di un illegittimo diniego alla naturale offerta del servizio, ritenevamo opportuno recarci in loco per accertare e documentare la veridicità delle segnalazioni. L’ufficio in questione era quello centrale di Acilia.
Ad andare sul posto è il direttore di Italymedia.it Antonello De Pierro, nonché voce storica di Radio Roma e presidente del movimento nazionale “L’Italia dei diritti”. Il noto giornalista giunge nei locali della struttura esattamente alle ore 18,42, e quindi 18 minuti prima dell’orario canonico di chiusura al pubblico, con l’intenzione di effettuare un pagamento tramite bollettino postale. All’ingresso viene fermato da un impiegato, che con grande naturalezza lo avvisa del fatto che l’ufficio è già chiuso, cosa piuttosto singolare e assurda vista l’ora. Ignorando l’azzardato avvertimento si reca comunque presso la macchina erogatrice dei numeri progressivi che regolano l’affluenza agli sportelli, e qui lo attende un’indicibile sorpresa: dalla fessura esce un biglietto con la scritta “IL SERVIZIO NON E’ ATTIVO”. Ma la cosa fondamentale è che trovano riscontro tutte le lamentele accolte, e queste si posano saldamente su una granitica piattaforma di verità, tanto da poterle diffondere con la voce pacata ma intensa e rabbiosa di chi è stanco di dover perpetuamente lottare sul terreno sociale per ottenere il rispetto dei propri diritti, che dovrebbero invece automaticamente essere ottenuti con la naturalezza dell’inevitabile, tanto che spesso quando ciò avviene ci compiacciamo e meravigliamo, scambiando inconsciamente per un’eccezione quella che dovrebbe essere la regola. L’irremovibile reporter, noto soprattutto per le sue battaglie in tema di diritti sociali, non si scompone e decide ugualmente di attendere il suo turno. Alle 19 e 2 minuti circa raggiunge lo sportello per effettuare l’operazione, come è suo imprescindibile diritto, ma si imbatte nel rifiuto dell’impiegata che gli contesta il fatto di non essere in possesso del numero progressivo: “Educatamente le feci notare che avevo varcato l’ingresso in orario abbondantemente regolare, ma non volle sentire ragioni sostenendo con decisione che doveva chiudere lo sportello alle 19,00 in punto; le spiegai che avrebbe potuto incorrere nel reato penale di interruzione di servizio pubblico, ma quando mi rispose che lei non svolgeva un servizio pubblico, bensì privato, rimasi esterrefatto e ritenni evidente di non poter proseguire oltre. Mi venne in mente in associazione il parallelo calzante di un autista di un autobus adibito a pubblico servizio, che termina il suo turno di lavoro alle ore 19,00, ma trovandosi ancora a qualche chilometro dal capolinea, decide di abbandonare la vettura e andarsene a casa. Una cosa assurda”. De Pierro pensa quindi di rivolgersi ad un responsabile e chiede del direttore dell’ufficio. Dopo qualche ricerca in giro per i locali che frattanto si sono svuotati del pubblico, si imbatte in una donna che risulterà poi essere la vicedirettrice, che invece di accogliere o almeno ascoltare le sue ragioni lo minaccia che se non sparisce chiamerà i Carabinieri. E’ allora che l’incredulo giornalista le risparmia la fatica e compone sul suo cellulare il numero 112. I militari della vicina Stazione di Acilia giungono in poco tempo e cercano di convincerlo a desistere, ma egli non molla: vuole pagare il bollettino, anche se sa che ormai è impossibile. I terminali sono stati tutti spenti. Il suo diritto è stato violato, l’interruzione del servizio pubblico si è consumata, lasciando dietro di sé i suoi danni. Agli encomiabili carabinieri non resta ormai che constatare quanto è successo, l’impiegato alla porta conferma che il direttore di Italymedia.it è entrato prima delle ore 19,00, mancano solo gli atti da redigere per l’Autorità Giudiziaria. Frattanto i fotografi immortalano e illuminano con i flash a raffica il volto stanco ed emaciato di De Pierro, sono quasi le 21,30, la sua lotta di oggi servirà a salvaguardare i diritti di altri domani, mentre emerge anche un altro fatto inquietante: se il servizio degli impiegati termina oltre le 19,30, questi non hanno diritto ad essere retribuiti per il periodo di lavoro straordinario. Lo scontento dei dipendenti nei confronti dell’azienda si abbatte contro l’utenza esasperata. Lavoratori contro cittadini, la guerra dei poveri. I generali restano in torretta a guardare. De Pierro ne parlerà sulle frequenze di Radio Roma, ma nessuno dei vertici dell’azienda è disponibile ad intervenire, nemmeno telefonicamente, ed anche per Italymedia.it si attende una nota, che non arriverà mai. Ciliegina sulla torta, giunge il direttore dell’ufficio di Acilia in tenuta molto casalinga, urla contro tutti, è alterato all’ennesima potenza , non capiamo perché, se non fa rispettare gli orari ai suoi subalterni. Le sue grida fendono l’aria dove la tensione si taglia a fette, i carabinieri, ancora impeccabili, lo calmano. Ormai si può chiudere l’ufficio. Tutti a casa. Scatta la denuncia. Si chiude anche un’altra pagina nera nel libro dei diritti negati, ai cittadini e ai lavoratori, e purtroppo non sarà l’ultima nelle storture croniche della triste realtà italica dei poteri forti, dove il cittadino comune purtroppo soccombe quotidianamente sotto i macigni dell’arroganza.